Il quarto vangelo è opera di Giovanni, fratello di Giacomo. Ambedue pescatori e figli di Zebedeo. Lo ha scritto alla fine del primo secolo d.C. a testimonianza della fede dei cristiani in Efeso e della provincia d’Asia.
Giovanni non ha inteso aggiungere qualche pagina a quanto avevano scritto i suoi predecessori. Egli si è imposto un altro progetto da proporre ai suoi lettori,  quello cioè di fornire un insegnamento  più profondo  a seguito della comparsa di Gesù in mezzo agli uomini.
Per lui Gesù non è soltanto il Messia che compie le profezie, né solo il Figlio di Dio  che sottomette le masse con il potere soprannaturale dei miracoli e dei segni, né il Salvatore che viene a diffondere il messaggio della Mansuetudine. È il verbo incarnato. È  Dio stesso.
Con le sue parole  e le sue azioni rivela agli uomini il Dio invisibile, che porta loro la Luce e la Vita. La potenza delle tenebre si è coalizzata per far fallire la sua opera, ma senza successo. Chi rigetta l’offerta della vita subisce la condanna, chi invece la accetta, attraverso la fede,  è liberato per sempre dalla schiavitù. Dramma commovente che costituisce il tema fondamentale dell’intero vangelo.
Con l’espulsione dei venditori dal Tempio, Gesù ha inaugurato la religione dello Spirito, a danno del materialismo imperante di quel tempo e di tutti i tempi a venire, anche se la lotta fra fra Luce e Tenebre sarà sempre attuale sotto i cieli e le stelle in tutti i Tempi.