Si ritiene che la seconda Lettera, attribuita a Pietro, sia stata scritta alla fine del primo secolo, ma gli studiosi a oggi ritengono che non sia opera dell’apostolo Pietro, ma di altro Pietro.
Comunque sia il redattore di questa lettera dichiara di essere stato testimone diretto nella trasfigurazione di Gesù.

La lettera ha la peculiarità del testamento spirituale, cioè del discorso di addio rivolto ai destinatari della lettera, che  si sviluppa in tre capitoli.
Nel primo s’invita il cristiano a vivere nella fede secondo quanto si legge in 1,5-7: “Mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità”.
Nel secondo capitolo l’autore mette i lettori in guardia contro falsi maestri e  profeti, proponendo temi affini a quelli della Lettera di Giuda.
Nel terzo capitolo[ 3,1] si legge: “Questa, carissimi, è già la seconda lettera che vi scrivo, e in  esse cerco di ridestare con ammonimenti la vostra mente integra”.
Il Pietro scrittore  affronta poi il tema della parusia, cioè della venuta di Gesù alla fine dei tempi, in questi termini [3,13-14] “Secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia. Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, cercate d’essere senza macchia e irreprensibili davanti a Dio, in pace”.