In verità non è una lettera, anche se è inserita nella rubrica delle “Lettere Cattoliche”, facenti parte del canone del NT.
L’aggettivo cattolico risale a un temine greco dal significato di generale, universale. Dunque più che una lettera, è un’omelia o un’enciclica ante litteram. Il testo si propone con contenuti molto simili a quelli di Paolo dove i temi della Grazia, dell’Elezione, e della libertà cristiana  sono prevalenti: mentre Paolo tuttavia orienta il suo apostolato versi i pagani,  quello di Pietro invece volge l’attenzione al mondo giudeo – cristiano della diasporà.
Chi ne è l’autore? Silvano o Sila, oppure Marco, l’evangelista? Non è importante, anche se non fosse di Pietro, non s’intende sminuirlo nel suo ruolo prevalente, forse unico nell’ambito della Cristianità nascente. Non a caso fu il primo apostolo, cioè il Kephas, masso roccioso alla guida della cristianità. A lui sono state consegnate le chiavi del Regno dei Cieli.
Dove fu scritta? A Roma, la Babilonia del centro del mondo, dove il peccato regnava sovrano da secoli.
Quando non si sa. Anche se molte cose non ci sono pervenute, i contenuti sono li a dimostrare nello schema dello scritto che il linguaggio teologico in esso contenuto, anche se espresso in modo più chiaro, si propone attraverso temi molto importanti.
Il volto di Cristo non è semplicemente un’icona, ma un’ immagine viva, palpabile, cioè espressione concreta del Figlio di Dio; e che si propone attraverso temi, quattro per la verità, quali: l ’agnello sacrificale: la pietra scartata dagli uomini, ma angolare e d’inciampo com’era stato anticipato nell’AT; l’inno nella liturgia cristologica; e da utimo il Cristo, figlio di Dio che si erge come punto di collegamento fra terra e cielo.