LETTERA AGLI EBREI

Non è opera di Paolo, non è una lettera e non è indirizzata agli Ebrei. Chi l’ha scritta? Origene dice, riferendosi all’autore, “ Solo Dio lo sa”. Sono questi gli enunciati da cui partire nel rispetto della verità. Di diritto occupa uno spazio nodale fondamentale nel canone del NT.
È un testo originale, redatto nello stile più puro sotto il profilo strettamente letterario rispetto a tutti gli altri testi del N.T. In esso inoltre  si riscontrano circa centoquaranta lemmi nuovi non riscontrabili altrove nella letteratura neo testamentaria.
Sotto il profilo strettamente teologico il testo propone Gesù, creatore insieme al Padre e allo Spirito Santo, come sommo sacerdote e come salvatore del genere umano.
Non è una lettera? Cos’è dunque? Un sermone di pensiero e azione, rito e vita pratica, teologia e pastorale, che si fondono in una saldatura costante in un testo di contenuto magistrale anche se oscuro in alcuni passaggi.
Di chi se non di Paolo? Già l’incipit si discosta da tutte le altre lettere di attribuzione certa all’apostolo ed anche di quelle dubbie.

Per cercare di avvicinarsi il più possibile al pensiero espresso del Sermone è necessario seguire le coordinate seguenti. Di quella letteraria si è parlato per brevità d’introduzione. Seguono poi quella storica e da ultimo la più importante, quella teologica.
Che dire ancora dell’incipit? Ci sono quattro versetti a proporlo.
Nel versetto uno la lettera  π greca in due avverbi e due nomi di straordinaria incisività. πολυμερῶς, avv. molte volte;  πολυτρόπως, in modi diversi;  πατράσινai padri, προφήταις, per mezzo dei profeti, tanto che il contenuto è il seguente: “Molte volte e nel tempo in molti modi diversi Dio aveva parlato ai padri attraverso i profeti.” È un geniale artificio letterario dell’autore nell’adattare la terminologia  del linguaggio greco in quello tipicamente semitico.
Ciò per dire che chi ha scritto è un eccellente conoscitore del greco e dell’ebraico.
Proseguendo poi l’autore celebra la grandezza del Figlio di Dio incarnato, usando il termine χαρακτὴρ, che nella nostra lingua corrisponde a impronta, immagine perfetta, cioè sintesi del mistero esistenziale di Dio.