Quando Paolo si accingeva a scrivere la Lettera non aveva nei suoi piani  quello di recarsi a Roma per evangelizzarla, poiché Roma in parte era già stata evangelizzata. Fu scritta a Corinto nei  mesi invernali della fine 57 e l’inizio 58. Per non edificare su fondamento altrui [Rm. 15,20]non intendeva inserirsi  nell’opera di evangelizzazione già iniziata da altri.
Fu durante il suo soggiorno ad Efeso che si propose di recarsi a Roma, [At.19,21],ma solo di passaggio nell’Urbe [Rm.15,24], poiché nella sua intenzione si era consolidata l’idea di andare ad evangelizzare la Spagna.
Il suo progetto non si realizzò come avrebbe voluto, poiché all’inizio del suo terzo viaggio missionario, nel trasferirsi da Efeso dov’era vissuto per tre anni, intercalando viaggi nell’Ellade e nell’Asia Minore, si recò a Gerusalemme dove  fu arrestato nel Tempio dopo un tumulto, provocato  da Giudei suoi abituali persecutori, provenienti dall’Asia Minore.
Trasferito a Cesarèa, subì un lungo processo da Festo e Agrippa, i quali, non ritenendolo tuttavia colpevole di condanna a morte, poiché egli  si appellò al giudizio di Cesare, stabilirono d’inviarlo a Roma sotto custodia.
Formalmente la Lettera rispetta lo schema di tutte le altre che ci sono pervenute. In realtà nella sostanza si discosta dalle altre. Perché? Nelle altre egli si rivolge alle comunità Cristiane da lui fondate. In questa i Cristiani a Roma ci sono già e non per opera sua; dunque nella Lettera espone contenuti di natura teologica generale, già accennati nella Lettera ai Galati.
Anche la conclusione rispetta lo schema formale di tutte le altre con tanto di ammonimenti,  consigli,  accompagnati dai saluti. Perché leggerla? È il suo capolavoro in cui espone il suo grande piano teologico.