È una delle lettere cattoliche, [καθολικός, universale]. Dunque non è una vera e propria lettera, ma più semplicemente un’omelia, rivolta alla generalità dei fedeli cristiani. Da lì l’etichetta di cattolica come le altre lettere, sette in tutto.
Chi l’ha scritta? Quale Giacomo dei cinque a noi noti?
Escludendo Giacomo, il Maggiore, fratello di Giovanni, uno dei primi martiri della cristianità. Egli fu, infatti, giustiziato nell’anno 44 per mano di Erode Agrippa, mentre la data della redazione della lettera risale ad altro tempo, posteriori, anche se non chiaramente identificabile. È da escludersi inoltre l’attribuzione della lettera a Giacomo, figlio di Alfeo, discepolo di Gesù e a Giacomo, padre dell’apostolo Giuda. Egli era fratello di Gesù, là dove con il significato di quel termine nell’ebraismo s’indicavano tutti coloro, parenti o affini appartenenti a un gruppo familiare.
La tradizione alle origini asserì che la lettera fosse stata scritta da Giacomo il Minore. Gli studiosi oggi concordano invece che fosse stata scritta da Giacomo il Giusto, il quale non apparteneva alla schiera degli apostoli, ma a metà del primo secolo divenne capo della chiesa a Gerusalemme [ Atti 13,17- 15,13 e lettera ai Galati 1,19 e 2,9 e che soprattutto fosse un cristiano profondo conoscitore dell’ellenismo, da oltre due secoli diffuso in Israele].
Giuseppe Flavio inoltre  in Antichità Giudaiche [20, 9,1], ha scritto: ” Anano, sommo sacerdote allora in carica, ebbe un’occasione favorevole, alla morte di Festo mentre Albino era ancora in viaggio, di convocare i giudici del Sinedrio. Fece citare in giudizio un uomo di nome Giacomo, fratello di Gesù, soprannominato Cristo, e certi altri, con l’accusa di avere trasgredito la Legge, e li consegnò affinché fossero lapidati”. Sentenza eseguita.

Temi nella lettera riguardano la perfetta letizia e la parola, la legge dell’amore e l’importanza delle opere, lingua e sapienza, e la venuta del Signore.