Religione

     Religione s.f. [gr. θρησκεία – lt. religio], culto in AT il termine threskeìa è utilizzato in Sapienza 14,17-18 in cui si legge: “Le statue si adoravano anche per ordine dei sovrani. I sudditi, non potendo onorarli di persona a distanza, riprodotte con arte le sembianze lontane, fecero un’immagine visibile del re venerato, per adulare con zelo l’assente, quasi fosse presente. L’ambizione dell’artista spinse all’ estensione del culto [εἰς ἐπίτασιν θρησκείας] anche quanti non lo conoscevano”.
     Nella letteratura greca, riferita  alla storia e alla filosofia, il termine θρησκεία, threskeìa, religione è stato utilizzato solo da Erodoto in 2,18,2 nel frammento in cui i Libici, residenti in Egitto, si rifiutarono di rispettare il culto delle divinità Egizie, che imponevano di astenersi dal mangiare carne di mucca. In 2.37,3 Erodoto descrive invece il cerimoniale a cui sono sottoposti i sacerdoti prima di celebrare la funzione religiosa.
Secondo Cicerone, nel saggio “De natura deorum” analizza il termine ”Religione”, facendolo derivare dal verbo relegere, ossia “ripercorrere” o “rileggere“. La sua necessità di spiegarne il significato riguarda il culto verso le divinità del mondo romano. Lucrezio, contemporaneo di Cicerone, nel suo poema dal titolo “De Rerum Natura”ritiene che l’uomo sia trattenuto, impedito, essendo le sue mani legate dietro la schiena. Inoltre parla spesso dei “nodi stretti” […] della religio, dai quali Epicuro avrebbe liberato l’umanità.
In De Rerum Natura [I,62-79] si legge:” Quando l’umanità viveva in un’ esistenza felice, oppressa in terra da false credenze, che spuntavano dalle regioni del cielo, incombenti sui mortali con aspetto orribile, un Greco [Epicuro], il primo uomo mortale, alzò gli occhi e osò resistere contro di esse. Né la fama degli dei, né i fulmini, né la minaccia dei rumori dal cielo lo frenò; per essi anzi fu temperato il valore del suo animo tanto da Infrangere, per primo, le strette porte, poste a barriera dalla natura, così la sua vivida forza d’animo prevalse ed egli si avanzò fuori oltre le fiammeggianti mura del mondo. E tutto l’immenso egli percorse con la mente e con l’animo. Ci riferisce vittorioso, cosa possa nascere, cosa non sia possibile, il potere limitato, come ci sia un termine confitto nel profondo attraverso la ragione; per cui la religione, messa sotto i piedi, è calpestata mentre la vittoria ci rende uguali al cielo”.
Lattanzio, scrittore cristiano del III secolo d. C. scrive: “Con questo vincolo di pietà siamo stretti e legati (religati) a Dio: da ciò prese nome religio, e non secondo l’interpretazione di Cicerone, da relegendo”. Agostino concorda sull’  argomento con il pensiero di Lattanzio.
Indiscutibile la grandezza del pensiero di Epicuro e di tutti gli altri filosofi che si sono svincolati da verità imposte dai Miti. Non è neanche il caso di essere religati dalla Religio, poiché già nei tempi di Lattanzio prima e di Agostino poi, era in fieri, in senso formale, il Libero Arbitrio, che addita  la facoltà di scegliere fra bene e male attraverso la propria volontà e non a causa di forze esterne; Dunque l’essere religati per l’uomo non è un vincolo in sé, ma la possibilità di scelta.
     Nel NT il termine si trova in Atti 26,5 in cui Paolo parla in sua difesa davanti ad Agrippa in questi termini: “Essi sanno anche da tempo, se vogliono renderne testimonianza, che, come fariseo, sono vissuto nella setta più rigida della nostra religione[ τῆς ἡμετέρας θρησκείας]”.
     In Col. 2,18 Paolo usa il termine θρησκεία, con il significato di “Culto” verso gli angeli, anche perché una vera e propria religione, avente per oggetto, gli angeli, non esiste.
In Gc. 1,26-27 si legge: “2È vana la Religione di chi pensa di essere Religioso, se non frena la propria lingua e se inganna il suo cuore.  Una religione pura e senza macchia davanti a Dio, nostro padre, è questa: soccorrere orfani e vedove nelle loro afflizioni, e conservarsi senza macchia in questo mondo”.