Si ritiene che la Prima Lettera ai Tessalonicesi sia stata scritta durante il suo soggiorno a Corinto nel 51 d.C. Paolo ha diffuso la parola per mezzo dell’insegnamento non codificato, ma predicando. Avrebbe tuttavia preferito essere sempre presente anche fisicamente nelle comunità, ma non gli fu consentito poiché il Signore gli affidò un’azione molto più ampia da realizzare nel tempo e nello spazio.
Perché Paolo durante i suoi viaggi scrive lettere alle comunità cristiane da lui istituite? Le ha scritte per confermare il suo Vangelo, cioè quell’insieme d’insegnamenti che gli furono riferiti dallo stesso Gesù, distillati attraverso la conoscenza della Legge Mosaica, dalla sua fede e dai suoi sensi. Già, i suoi sensi! Perché attraverso di essi, dalla sua conversione in poi, egli vide e sentì il divino trascendente e se lo trovò sempre presente durante il suo cammino, irto di difficoltà spesso proibitive. Egli avvertì la presenza fisica di Gesù, a causa della quale si emozionava, o si arrabbiava, oppure gioiva, e spesso soffriva per non aver raggiunto il risultato di perfezione nella stessa conversione che avrebbe desiderato per gli adepti. La lontananza dalla comunità di Tessalonica lo indusse dunque a scrivere lettere per ringraziare, correggere, esortare, chiarire, incoraggiare alla perseveranza nella fede.
Sull’uso dei termini poi, si deve rilevare che chiesa non è luogo di riunione dei fedeli, quale esiste nell’immaginazione collettiva di oggi ma assemblea o semplicemente comunità di adepti, che si riuniva nelle abitazioni private dei primi cristiani, in luoghi di fortuna, nelle piazze, e in luoghi pubblici di vario genere, quali quartieri di città e villaggi. Sebbene Paolo frequentasse assai assiduamente le Sinagoghe, i Giudei non convertiti al Cristianesimo lo osteggiarono e lo perseguitarono, cercando di annientarlo anche fisicamente. Perciò, fatti salvi i primissimi tempi della sua predicazione, non gli permisero mai più di partecipare alle assemblee in Sinagoga.
Quanto poi al Canone della cristianità, si deve segnalare che le Lettere ai Tessalonicesi sono ingiustamente relegate, per importanza di contenuti, nella retrovia del complesso delle sue altre Lettere. In realtà già da subito Paolo lanciò i suoi messaggi di contenuto strettamente teologico accennando non solo alle virtù teologali, fede, speranza e carità, cioè a quelle virtù che riguardano il rapporto fra l’uomo e Dio, ma sullo sfondo dei suoi testi compaiono furtivamente e sempre anche le virtù cardinali [Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza], poiché senza di esse non si possono intrattenere fruttuosi rapporti con il prossimo. Storicamente poi è errato accostare subito il termine λόγος [parola], inteso nel senso teologico, solo al Prologo del Vangelo di Giovanni. In realtà Paolo, sebbene sotto un profilo più dimesso, lo utilizzasse già nel primo capitolo della lettera, non già con il significato di aperta espressione del pensiero, ma accostandolo al senso del divino, [1Ts. 1,5-, 1Ts. 1,6- e 1Ts. 1,8]. Dio, Gesù e Spirito Santo, ciascuno nella propria incisività, hanno operato miracolosamente alla conversione d’intere popolazioni nel nord dell’Ellade, a seguito del lievito che Paolo aveva confezionato con molta cura e attenzione.