Zaccaria, compiuti i giorni del suo servizio, tornò casa, mentre Elisabetta concepì, tenendosi nascosta per cinque mesi e diceva: ” Questo ha fatto per me il Signore nei giorni in cui ha volto lo sguardo per togliermi la vergogna fra gli uomini”.
Sì, appunto vergogna di chi? Di Elisabetta. Presso il popolo ebraico la sterilità era una vergogna, un disonore. Dio, infatti, aveva benedetto la prima coppia umana in questi termini [Gen. 1,28]: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra[1]“.
Altri sono gli esempi della sterilità e il più classico di essi è quello di Rachele, citato in Gen. 30,23, dove si legge: ““Rachele, dopo aver concepito, partorì un figlio a Giacobbe, poi disse: Dio ha tolto il mio disonore[2]“.
Elisabetta diede alla luce, nonostante la sterilità, il precursore. L’ultimo grande profeta che conclude l’esperienza straordinaria dell’Antico Testamento.
[1] καὶ ηὐλόγησεν αὐτοὺς ὁ θεὸς λέγων Αὐξάνεσθε καὶ πληθύνεσθε, καὶ πληρώσατε τὴν γῆν καὶ κατακυριεύσατε αὐτῆς, καὶ ἄρχετε τῶν ἰχθύων τῆς θαλάσσης καὶ τῶν πετεινῶν τοῦ οὐρανοῦ καὶ πάντων τῶν κτηνῶν καὶ πάσης τῆς γῆς …
[2] καὶ συλλαβοῦσα ἔτεκεν τῷ Ἰακὼβ υἱόν. εἶπεν δὲ Ῥαχήλ Ἀφεῖλεν ὁ θεός μου τὸ ὄνειδος