Basta leggere con un po’ di attenzione i primi tredici versetti del suo Vangelo per rendersi conto di quanto sia sorprendente l’esordio.
C’è l’arché, vero e proprio, che non è quello dei filosofi greci, ma molto simile per connessione. Nel senso che, nell’un caso e nell’altro i tempi ne sono stati messi a soqquadro. I greci in filosofia hanno sospinto il mondo intero a pensare, l’εὐαγγελίον Ἰησοῦ Χριστοῦ [ la buona novella di Gesù Cristo] a definire la morale in senso universale, sulla scia dell’altro Arché in Genesi.
L’evangelista propone il messaggero cui è affidato il compito di raddrizzare i sentieri. Naturalmente quelli dell’anima, citando il profeta per ricordare in senso pratico che il “Vangelo” non è altro che il seguito della grande storia della religiosità e della morale ebraica.
Il pentimento poi? Non implica solo il dovere morale di prepararsi al nuovo segno dei tempi, ma impone a tutti la riflessione sugli errori, e le nefandezze commesse singolarmente e dalla comunità in ogni tempo e luogo.
Basti poi volgere lo sguardo all’immensa fiumana di gente in corsa verso il Giordano. È variopinta non tanto per come veste e con i colori che veste, ma per lo spirito che si trascina dentro ognuno dei componenti. È tutta gente desiderosa di volersi pentire? Impensabile, di là da ogni più rosea previsione. Però i segni sono quelli e le intenzioni spingono la scialuppa verso il bene in senso oggettivo, sia pur scritto nell’inconscio.
E chi più di quell’uomo primitivo, quasi preistorico, uscito dalle caverne, poteva scuotere le coscienze, se non lui, Giovanni? La voce che grida [φωνὴ βοῶντος] nel deserto, un cammello proprio lui, per tenacia, con la vocazione del testimone di un mondo nuovo. Resistenza fisica e morale la sua, sotto intemperie e traversie di ogni genere, che lo fanno gridare contro la corruzione, il sopruso, e le angherie per la giustizia, la pace e l’amore. Tutte astrazioni per le quali il mondo ha sempre dovuto fare i conti dagli albori della storia fino ad oggi. Il battesimo è un antico rito di purificazioni dei peccati in modo simbolico, tendente al reale. Già nel mondo ebraico questa liturgia è stata presente da secoli, sebbene il suo significato, nelle intenzioni, è stato solo visto come “ cosa da fare” per chi vuol giudaicamente applicarsi alle forme.
Il Marco cronista si propone senza scomporsi, descrivendo l’azione diretta della Trinità: Padre, Figlio immerso nelle acque del Giordano e Spirito in forma di Colomba.
Il suo incipit, anche inteso formalmente, farebbe invidia ai più grandi letterati? Non solo, ma più di tutti ai filosofi, ai teologi e a chi? E perché no? Agli scrittori sotto qualsiasi latitudine. È pur vero che Marco in questo senso ne sia stato agevolato, per l’argomento che tratta, ma nella forma in cui lo tratta è “singolare”.